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Juan Beer ha superato ogni tappa della sua carriera presso la Zurich. In un’intervista insieme a Seychelle Bailey, apprendista della Zurich, racconta dell’apprendistato che ha dato il via alla sua carriera.
Juan Beer: No, affatto. All’epoca sapevo a malapena cosa fosse un CEO e cosa facesse esattamente in un’azienda del genere. Da giovani si entra in un’azienda come questa con una certa ingenuità e inizialmente si rimane estremamente impressionati: io ero molto colpito dal grande edificio storico a Mythenquai. Quindi, più che un obiettivo pianificato è stata la conseguenza di una crescita personale.
Seychelle Bailey: Non ho grandi progetti per il mio futuro, l’importante per me era entrare in un settore in cui potessi crescere professionalmente e avere delle prospettive. Qui è decisamente il posto giusto.
Juan Beer: È stato un caso. Negli anni '80 la regola era: se vuoi fare qualcosa nella vita, diventa banchiere. Quindi anch'io mi ero candidato presso l’allora Società di banca svizzera, in una filiale di Zollikon. Mio padre, che faceva il broker per le assicurazioni velivoli, mi ha poi spinto a fare domanda anche alla Zurich. Probabilmente nutriva qualche speranza che io seguissi le sue orme. Il grande e bellissimo edificio a Mythenquai era in così netto contrasto con la filiale della banca di Zollikon da non lasciare spazio a dubbi. Su cosa si facesse esattamente in questo edificio non ho riflettuto molto.
Seychelle Bailey: Anche io inizialmente puntavo su un apprendistato in banca. Alle scuole medie ho trascorso una giornata nuovo futuro alla Zürcher Kantonalbank che mi è piaciuta molto. Quando alle scuole medie è arrivato il momento di trovare davvero un posto d’apprendistato, questa idea è passata in secondo piano. Conoscevo già la Zurich grazie a mia madre, perché ci lavora anche lei e mi ha dato modo di dare una sbirciatina quando era in telelavoro. Uno stage d’orientamento mi ha poi convinta pienamente a candidarmi alla Zurich e per fortuna è andata bene al primo tentativo.
Seychelle Bailey: Sì, certo. A scuola avevo una certa idea di come fosse lavorare. La realtà poi si è rivelata completamente diversa: già solo per le tante persone che ho incontrato da quando ho iniziato il mio apprendistato, ma anche il lavoro in sé era diverso da come lo avevo immaginato.
Seychelle Bailey: Durante il mio apprendistato ho avuto modo di entrare in contatto diretto con i clienti in tempi relativamente brevi e ho dovuto imparare a reagire bene e a rimanere professionale sia in situazioni spiacevoli che piacevoli. A questo si sono aggiunte le conoscenze tecniche: dovevo conoscere i prodotti assicurativi abbastanza bene da poterli spiegare a un cliente.
Juan Beer: Anche la mia esperienza è stata simile, ma posso aggiungere che allora trovavo estremamente difficile concentrarmi su un obiettivo. Ero molto vivace, giocavo a calcio, praticavo sport da combattimento e poi, a quell’età, ovviamente anche le uscite erano importanti. Ho trovato impegnativo stabilire le mie priorità e conciliare tutti i miei interessi.
Juan Beer: Per me c’è stato un punto di svolta: al secondo anno di apprendistato, sono stato il primo apprendista in assoluto a essere inviato, quasi come cavia di un test clinico, in un programma internazionale di quattro mesi. Quindi, dai rami assicurativi danni e mobilia domestica sono finito in un ambiente completamente diverso in cui tutti parlavano solo inglese. Avevamo a che fare con aziende rinomate e ho potuto partecipare a riunioni importanti. Questo ha risvegliato in me l’interesse di continuare a lavorare nel settore assicurativo. In più avevo una certa impazienza e una grande voglia di progredire. Questa voglia è stata avvertita anche dal personale delle risorse umane, che in quel periodo mi avrebbe sicuramente definito un tipo impegnativo (ride). Oggi sono contento di essere stato così ostinato.
Seychelle Bailey: Pensando al mio apprendistato, immaginavo che avrei soprattutto venduto assicurazioni. La mia sorpresa è stata quindi ancora più grande quando, durante il mio primo anno di apprendistato, sono entrata in LiveWell come prima apprendista. LiveWell è un’app per la salute che a prima vista non ha nulla a che fare con le assicurazioni. Il reparto è collegato al gruppo aziendale e anche per me questo ambiente internazionale è stato molto stimolante. In seguito, all’agenzia generale e nella vendita diretta, mi sono avvicinata all’attività assicurativa «classica». Entrambe le attività sono interessanti e apprezzo molto l’opportunità di approfondire i miei interessi grazie alla scelta del reparto.
Juan Beer: Questo dimostra che il settore è estremamente vasto. Inoltre, il settore è in una fase di grande cambiamento: non radicale, ma continuo. Negli ultimi anni, molti rappresentanti del settore hanno tentato di raggiungere una certa «coolness» come quella di Netflix o Amazon. Ma il nostro fattore «coolness» è limitato, il che non significa che i lavori siano meno stimolanti. Diamo un contributo decisamente importante alla popolazione, al benessere e allo sviluppo del nostro Paese. Se non ci fossero le assicurazioni, non ci sarebbe il commercio, né a livello locale, né a livello regionale o globale. Oggi saremmo molto indietro nello sviluppo perché la gente non sarebbe disposta a correre grossi rischi. In realtà è una funzione nobile. Forse è meno «cool», ma apporta un valore aggiunto su cui ora gli assicuratori si stanno di nuovo focalizzando. La nostra difficoltà è solo dimostrare questo valore aggiunto. È per questo che, nonostante gli sviluppi degli ultimi anni, quali datori di lavoro siamo ancora indietro rispetto alle banche in termini di attrattiva.

Juan Beer, Chief Executive Officer (CEO) di Zurich Svizzera
Juan Beer: Questo discorso l’ho affrontato di recente con due giovani collaboratori della Zurich. Penso sia riduttivo dire «la nuova generazione è diversa» perché lo è ogni generazione. Ogni generazione è il prodotto dell’ambiente in cui è cresciuta e non si tratta di dire che è meglio o peggio. Non mi piacciono le affermazioni assolute come «la generazione più giovane è migliore perché ha più affinità con la tecnologia», poiché ignorano altre qualità come l’esperienza che hanno le generazioni più anziane. Noto però che la generazione giovane è più consapevole di quanto, perlomeno io, lo fossi a quell’età. Questi giovani sono molto attivi e desiderosi di dare il loro contributo. D’altra parte, percepisco anche che sono sopraffatti e credo sia dovuto soprattutto al flusso di informazioni che ricevono. Questo mi preoccupa.
Seychelle Bailey: È incredibilmente stimolante. Prima di iniziare l’apprendistato, si pensa già a come sarà lavorare con altre generazioni: quali temi posso affrontare? Devo stare più attenta a scegliere le parole? Questi pensieri si sono però rivelati ingiustificati: sono stati tutti molto aperti, comprensivi e disponibili e non ho mai avuto problemi a trovare argomenti comuni di cui parlare. Approfitto anche della preziosa esperienza dei collaboratori più anziani e ho già potuto imparare molto. Ho già allacciato tanti contatti importanti che manterrò in futuro.
Juan Beer: I «vantaggi» sono sempre relativi, si tratta piuttosto di una scelta personale. Ho frequentato per un anno e mezzo un liceo e mi sono reso conto di funzionare in modo un po' diverso dalla media dei liceali. Ecco perché alla fine ho deciso di intraprendere la strada dell’apprendistato. È esattamente questo che apprezzo del nostro sistema formativo: la flessibilità che permette a tutti di trovare la propria strada. Se devo trovare un vantaggio nell’apprendistato, direi che è l’opportunità di andare a scuola e lavorare allo stesso tempo. Dopo questi tre anni, si diventa incredibilmente flessibili.
Seychelle Bailey: Ho optato per l’apprendistato perché potevo fare esperienza lavorativa e guadagnarmi uno stipendio. Questo era importante per me, quindi non ho mai preso in considerazione il liceo. Finora si è rivelata la scelta giusta.
Seychelle Bailey: Credo che negli ultimi anni ci siano stati molti sviluppi nell’ambito della digitalizzazione, dovuti probabilmente anche alla pandemia. Il materiale didattico è sempre più digitale e il PC è il nostro fedele compagno.
Juan Beer: Ciò che trovo generalmente carente nel sistema scolastico è la capacità di adattarsi agli sviluppi attuali. Si parla troppo poco delle dimensioni geopolitiche o macroeconomiche che, in questo nostro mondo complesso, aiuterebbero i giovani a orientarsi. Manteniamo invece, senza porci domande, molte materie «storiche». Dovremmo metterle in discussione e integrare in modo più dinamico i temi di attualità. Che influenza hanno le elezioni americane su di noi? Perché nessuna delle sette maggiori aziende tecnologiche è europea? Come funziona il nostro sistema politico? Questa flessibilità mentale purtroppo è molto scarsa nella nostra popolazione. La bassa affluenza dei giovani alle urne è un brutto segno e indica che di fatto lasciano decidere del loro futuro alle generazioni più anziane. Prendiamo come esempio l’AVS e la LPP: durante il mio percorso scolastico si è a malapena accennato a questi temi. Basta pensare alla rilevanza che hanno poi nella vita per capire che non è sufficiente.
Seychelle Bailey: Le conoscenze più preziose per me sono quelle linguistiche, perché mi servono tutti i giorni al lavoro. Posso anche applicare temi relativi al diritto: ad esempio al momento stiamo affrontando la legge sulla protezione dei dati. Ci sono anche molti argomenti che vengono trattati in modo superficiale e non abbastanza dettagliato da potermi aiutare nel mio lavoro quotidiano.
Juan Beer: Per me è sempre stato molto importante mantenere i contatti con chi mi ha accompagnato nel mio percorso da apprendista e alcuni lavorano ancora presso Zurich: queste amicizie restano. Ancora oggi mi rendo conto che mi ha particolarmente segnato l’esperienza di aver visto quasi tutti i reparti, perché mi ha permesso di comprendere e rispettare molto le persone che lavorano in questa organizzazione. So cogliere l’importanza di ogni singola azione e vedere quanto ognuna di queste contribuisce al successo dell’azienda. Oggi questo mi consente di approcciare le persone da pari a pari.

Seychelle Bailey, apprendista di commercio AFC presso la Zurich
Juan Beer: Richiede sicuramente una comprensione delle diverse generazioni e un profondo impegno, e per questo serve molta pazienza. A mio avviso, c’è una cosa che Zurich fa molto bene: non dà alcun peso all’età. Questo ha permesso a molte persone di acquisire esperienze preziose in giovane età. Io stesso ho sempre avuto un forte desiderio di assumere compiti per i quali, da un punto di vista prettamente formale, ero un po' giovane. Ma alla Zurich mi hanno dato questa opportunità e mi hanno affiancato e sostenuto. Ho avuto la possibilità di crescere sul campo fino ad assumere mansioni e posizioni dirigenziali. Se un’azienda lo permette e riesce a individuare le persone che vogliono intraprendere questa strada, crea un forte legame.
Seychelle Bailey: Stipendi più alti! (entrambi ridono)
Juan Beer: Non potevi certo lasciarti sfuggire questa occasione.
Seychelle Bailey: Scherzi a parte, Zurich ripone molta fiducia in noi apprendisti e lo apprezzo molto. Il contatto con i clienti mi è stato permesso quasi dal primo giorno: questo la dice lunga sull’azienda. Trovo molto prezioso anche questo mix di età: ci aiuta a creare una rete, conoscere altre prospettive e continuare a crescere.
Juan Beer: Fare carriera è come una maratona: non si corre una maratona se non si è allenati e se qualche volta non si tiene duro. Quindi ecco il mio consiglio: esercitarsi, essere più in forma degli altri e non confondere la maratona con uno sprint. Ritengo inoltre molto importante investire nella propria personalità. In una posizione dirigenziale, le conoscenze specialistiche sono il prerequisito; è la personalità a fare la differenza. Questa evoluzione non finisce mai e anche nel mio caso, a quasi 55 anni, è ancora in cima alle mie priorità. Chiedersi «chi sono e cosa voglio?» è utile nella vita in generale. Inoltre, consiglio sempre alle persone giovani e motivate di non puntare ostinatamente a un’esperienza dirigenziale troppo presto. Dovrebbero concentrarsi piuttosto sul maturare esperienze per poterci arrivare più avanti. È una differenza piccola ma significativa. Cos’altro? Non si dovrebbero prendere decisioni solo in base ai soldi, ma piuttosto in base alle mansioni che portano a un progresso personale. Anche in questo caso, però, alla fine serve sempre un pizzico di fortuna.
Juan Beer (nato nel 1970) è Chief Executive Officer (CEO) di Zurich Svizzera da febbraio 2018. È entrato in Zurich come apprendista nel 1987 e da allora ha ricoperto diverse posizioni a livello locale e globale. Condivide le sue esperienze nel quadro del programma interno di coaching.
Seychelle Bailey (nata nel 2006) è al terzo anno di apprendistato di commercio AFC presso la Zurich. Al suo primo anno di apprendistato ha imparato a conoscere l’app per la salute LiveWell, il secondo lo ha trascorso in un’agenzia generale e attualmente dà manforte al team di vendita di Zurich Svizzera. Concluderà il suo apprendistato nell’estate del 2025.
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